Confusione migranti

L’Europa e il Taiwan

Che il piano della Commissione europea finisse in un confusione drammatica era scritto, quello che speravamo era di risparmiarsi il ridicolo. Ora che il primo ministro francese Valls ha detto di non essere d’accordo sulla ripartizione delle quote dei migranti, rischiamo anche quello. Un conto erano i paesi dell’est contrari alle quote, uno completamente diverso se anche la Francia si mette di traverso. È che i francesi, come noi del resto, non hanno compreso su che base dovrebbe avvenire la ripartizione dei migranti. C’è n’è una sola plausibile che pure non ci sembra che la commissione Junker abbia considerato, ovvero le necessità occupazionali di ciascun Paese. La Germania ad esempio ancora nel 2007 avrebbe avuto bisogno di altri 500 mila lavoratori stranieri per coprire le sue esigenze occupazionali. Anche questo aspetto è controverso perché in presenza di una alta disoccupazione ci sono posti di lavoro liberi, quelli che ad esempio tedeschi ed italiani nei reciproci paesi d’appartenenza non vogliono fare. Può darsi che gli immigrati siano disponibili. Ovviamente è anche plausibile che se gli immigrati si prendono posti di lavoro liberi in un periodo di alta disoccupazione ci sia chi dica che portano via il lavoro ai disoccupati europei. Ma a questo punto non è che possiamo permetterci di essere refrattari. Se dobbiamo aiutare gli immigrati dobbiamo inserirli in un contesto economico razionale ed accettarne le conseguenze. Nessun Paese in Europa altrimenti può caricarsi sul groppone dei nullafacenti di difficile inserimento. Per cui l’unico criterio razionale e questo ed i cittadini europei che non sono stati interessati all’occupazione disponibile si assumeranno le loro responsabilità. Poi c’è il problema dei rifugiati politici, ai quali occorre comunque dare ospitalità, ma solo a loro obbligatoriamente anche perché non sono più del 10 per cento a dire tanto della massa dei migranti. Non ci sembrano cose cosi astruse da essere impraticabili, eppure vediamo che si preferisce discutere di questioni che sono prive di qualsiasi logica. Il ministro degli esteri italiano Gentiloni, ancora venerdì scorso, ha detto che bisogna distruggere le imbarcazioni "prima che siano usate dai trafficanti" e però che non si bombarderanno i barconi né dall'aria né dal mare, né ci sarà una "occupazione" del suolo libico. Ci dovrebbe essere invece "un enorme lavoro di intelligence teso a individuare i trafficanti, le operazioni navali di sequestro e confisca in mare dei mezzi una volta salvati i migranti e incursioni mirate sulle coste". E quindi bisognerà comunque impegnare le truppe e quando si impegnano le truppe contro dei natanti bisogna capire a chi appartengono questi natanti, chi li custodisca e di quali difese dispongono. Così come Gheddafi usava l’immigrazione come un’arma di pressione su di noi, non si capisce per quale motivo il nostro ministro degli Esteri e con lui l’Europa, ignori che anche il governo di Tobruk, quello di Tripoli e chissà quali bande locali facciano lo stesso e che combatteranno per non vedersi colpiti nei loro traffici piuttosto redditizi fra l’altro. Poi si può anche fare tutto l’affidamento che si vuole nell’Onu, come ha fatto il rappresentante della politica estera europea Mogherini, solo che la decisione dell’Onu, ammesso che sia chiara e realizzabile, può essere ritardata ancora a lungo e noi tutto questo tempo con mille immigrati al giorno che arrivano sulle nostre coste non lo abbiamo. L’unica cosa che l’Italia non può fare, ha detto Gentiloni “è pensare di affondare i migranti con tutti i barconi, o lasciarli al largo a morire, come avviene in questi giorni tra Myanmar e Thailandia”. Bene, non vorremmo che fosse invece proprio quello che si prepara.

Roma, 18 Maggio 2015